IL FUTURO DEI CORI ALPINI
Sarà la scomparsa della naja obbligatoria a decretarne l’estinzione, o piuttosto il cambiamento sociale-culturale in atto? Prospettive attraverso le “lenti” di uno che ha visto nascere ed evolversi uno coro alpino con tanto di “pedigree”
Quale coralità nel futuro? Quale coralità nel futuro e, in particolare, quale coralità alpina nel post naia – obbligatoria? Quale senso avrà (e sarà ancora attuale?) cantare gli Alpini, la loro epopea, i loro sacrifici, i loro morti per la Patria? Si potrà ancora amare, e fare amare, le cante del loro repertorio, così semplici, vitali, inimitabili e stratificate nell’animo e nella sensibilità di tante generazioni? Insomma, conserverà ancora un valore apprezzabile la tradizione popolare in generale e alpina in particolare, in un mondo disincantato e altamente tecnologico? Il si o il no (e magari il “nì”), come risposte certe, sicure, perentorie, dipenderanno, a mio avviso (e qui drasticamente!), da quanto l’uomo attuale, specialmente la gioventù e la stessa famiglia, riusciranno a salvare della propria identità, della propria libertà interiore e, oserei dire, della propria anima, in questo mondo così veloce, spensierato, spersonalizzante, distratto e distraente, suggestionato, incantato, prima aiutato e, poi, anche troppo soggiogato dalla meccanica, dalla tecnica, dall’informatica e, un domani (ma speriamo vivamente mai!!!), magari intruppato, sottomesso, plagiato, sfruttato, contato e condizionato, comperato, utilizzato e imbrigliato, ad esempio, dalle RFID (= chip di radio frequenza) che potrebbero seguire le merci acquistate, fino in casa nostra; o dai braccialetti elettronici o, peggio, dai chip sottopelle in sostituzione delle carte di credito, delle carte di identità. All’apparenza tutte queste “cosucce” possono incantare. Però, nello stesso tempo, “c’è il pericolo che il cittadino perda la sensibilità necessaria ad avvertire i rischi per la propria libertà personale”, come avverte Stefano Rodotà, il garante della privacy in Italia. Sono tutti “guinzagli tecnologici”: e ognuno di noi sa chi sta al guinzaglio… Non certo una persona libera! Allora, in quanto riusciremo, tutti, a coltivarci come persone libere e pensanti, saremo capaci ancora di gustare l’Arte, ogni Arte, come prodotto dell’intelletto umano. E così anche il Canto, espressione umana di libertà, gioia di vivere, alta manifestazione dell’anima, arte individuale e collettiva, povera o somma, che si sostanzia di realtà e fantasia, filtrate dall’anima artista, di passato e presente, belli o brutti che siano, e magari di futuro, come fecero i nostri bisnonni, curiosi, ad esempio, della realtà lunare… L’uomo libero avrà sempre a disposizione quella gamma di strumenti che gli sono propri, che gli sono stati dati in dotazione da Dio Creatore, la curiosità, la fantasia, l’attenzione e la meditazione, l’intelligenza e la genialità, il filtro riflessivo per la necessaria comprensione e riflessione sui fatti e sui pensieri, l’umorismo per estrarre la gioia anche dove è solo un barlume o un ricordo. Quindi, se si riuscirà ancora a coniugare, nella massima libertà, la gioia dello stare insieme con lo stupore del nuovo, che ogni giorno ed ogni orizzonte ci propongono, la libertà di espressione in canto con la voglia di condividerlo in ascolto; l’antica espressione, magari rivisitata ed armonizzata, con la moderna, allora la Coralità in generale, e alpina in particolare, avranno ancora un futuro sicuro. Naia volontaria od obbligata, parimenti.
Mario Berno
IL TRADIZIONALISMO ALPINO
L’alpino (e volutamente nel nostro caso, per estensione, il Coro alpino) è tradizionalista? Quale animo, gusto, cultura, socialità, sensibilità, vita, manifesta? La risposta è senza dubbio positiva, se per “tradizione” si intende un contenitore pieno di essenzialità, di bellezza,, di bontà, di naturalità. Ma solo che si voglia intenzionalmente aggiungervi anche un solo lontano pensiero di stantio, di vecchio, di superato, allora no, un altrettanto deciso no! Infatti, chi come lui vive con i piedi per terra, attento all’oggi, alla realtà che gli fluisce davanti? Mai si nasconde dietro al “questo non mi tocca!” La sua sensibilità umana lo tiene sempre attento e sollecito a cogliere le esigenze emergenti, le difficoltà e i bisogni che chiamano aiuto, anche immediato. “Amici Alpini” , altrimenti, non potrebbe essere il suo inno. Così, appunto, nel canto: legato alla tradizione più pura, l’alpino ama ciò che hanno amato i padri e i nonni, ma si commuove pure davanti al “cantar nuovo” dei nipoti, dei quali conosce i bisogni, i gusti e le esigenze, grazie al suo intuito tenuto sempre affinato. E una cosa importante gli è connaturale: egli sa cavare allegria anche da un caso triste o, per lo meno, ha il coraggio di cantarlo. E non è poco! Che dire allora? Così come nella pallavolo c’è il giocatore capace di coprire ogni ruolo, anche l’alpino, come quel pallavolista, potrebbe fregiarsi dell’appellativo di “Universale”.
Mario Berno